anonimo

Stando su un terrazzo di notte.

L’anima inspira il chiarore di stelle
gli occhi fissi al cielo
il firmamento.

Mi sono sempre chiesto
cosa ci fosse lassù.
Spero almeno una bella vista.

I miei polmoni inspirano
l’aria della mia anima,
un grigio bianco tinge la volta.

La sigaretta stretta tra le mani,
la birra calda,
il mio terrazzo.

Voglio che quest’attimo duri per sempre,
voglio me fuori
e tutti gli altri chiusi dentro.

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Guardavo fuori dalla finestra.

Ciao a voi.

Non so chi siate, ma sono certo che in questo momento la vostra intenzione sia quella di sbirciare nella mia testa, nei miei pensieri, per il puro gusto di sapere, per un innato istinto di vedere cosa si cela dietro le mie parole. Voyeuristi.

Credete davvero di poter capire qualcosa di me che nemmeno io ho afferrato fino in fondo?

Se proprio ci tenete, vi lascerò riflettere su di me e sulla mia finestra. Come sarebbe “quale finestra”? Quella dalla quale mi spiate, dove mi trovate sempre ad osservare il panorama che mi si offre da dietro ai vetri. Ah, che bella quella finestra.

Se ne sta sempre al suo posto, non dice mai una parola inopportuna e allo stesso tempo mi offre un vista sul mondo lì fuori. Altro che Giacomo e la sua siepe, lì sull’erba a macchiarsi i vestiti e a prendere freddo! Io me ne sto bene qui, tra le mura di cemento, dietro alla mia finestra sul mondo.

Pensate di essere solo voi a guardare me? Anche io guardo voi. Posso farlo, dato che Finestra non è come quella brutta siepe, che nasconde le cose. Io vi vedo, dicevo, e perciò non mi disturba il vostro sbirciare, perché a vostra insaputa io faccio lo stesso.

Vedo te, ragazzina, anzi no, giovane donna, che porti a spasso il tuo dobermann tre volte al giorno; vedo te, caro impiegato, con i tuoi occhiali montatura stile anni ’80, con l’impermeabile sdrucito e la tua borsa da lavoro nera; vedo te, cara vecchietta, con i capelli cotonati bianchi, lo scialle di pelliccia, scarpe comode, che sembri così gentile e poi, appena qualcuno ti si avvicina, ti stringi la tua bella borsa più vicina; vedo te casalinga, mamma, oppure lavoratrice?, che ti porti appresso le tue figliolette, due, per accompagnarle a scuola personalmente, del resto non si sa mai quali oscuri pericoli nasconde la strada, ma prima ti fermi al panificio di fronte a comprare del pane, ne compri sempre di meno: dimmi, ti pagano abbastanza da mantenere te e le tue figlie? O forse sei troppo presa dai tuoi impegni?

Vedo anche te, ragazzo, riflesso nel vetro, rimani a guardare la solita gente, le solite facce. Hai l’aria di uno che non esce di casa da giorni, gli occhi color miele contornati dalla occhiaie, un cappuccio in testa, la barba cresciuta troppo: perché non esci a prendere un respiro? No, non intendo che devi aprire la finestra, intendo andare , dove sta il resto del mondo, dove la gente ti può vedere meglio che da dietro ad un vetro. Potresti osservare da vicino tutto ciò che finora hai solo spiato.

No, io sto bene qui. Qui nessuno sa di me, e nessuno deve saperlo: se lo sapessero non vorrebbero più essere guardati, sono così fragili.

Si, devo rimanere qui a vedere e a farmi vedere, e tu, ragazzo riflesso nel vetro, smettila di ricordarmi che il mondo è fuori, perché il mio mondo me lo sono costruito da dietro alla finestra.

finestra

Beatrice Folino.

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Vedo gli altri che vanno,
sto fermo e li osservo.
Vedo gli altri che vanno
e ritornano,
sto fermo e li aspetto.
Ho come l’impressione
che la direzione è sbagliata.
Ed io guardavo il mare dietro al profilo del tuo viso
ed i tuoi neri capelli ondeggiavano al vento
e coprivano i tuoi occhi. Quegli occhi
che teneri scrutavano l’orizzonte come cercassero chissà cosa,
forse proprio ciò che in quel momento
guardava il tuo profilo.
In bilico, tra il ricordo e l’oblio,
da una parte la certezza di rivederti, una volta,
dall’altra viverti come quando non lo è stato mai.
Lunghe spiagge dorate che devote al loro mare
spartiscono il dolore antico di qualcosa incompiuto
dove solo nelle pareti dell’anima
ha il tempo per riposare e riprendere a camminare.

Lui è abbandonato.

Ciao,
è tanto che non ci sentiamo.
Vorrei sapere
quando sarai più libera,
voglio vederti.
È imbarazzante da dire,
ma io davvero
non posso più aspettare…
Avevo provato a lasciar stare
anche dopo che ci eravamo visti l’ultima volta,
e mi sono reso conto
che non posso continuare così.
Se dopo quel viaggio
(te lo ricordi?)
non ti avessi chiesto di vedermi,
non ci saremmo neanche incontrati.
Scusa, tu non vuoi vedermi?
Non hai pensato a me?
Cosa ti tiene così impegnata?
Voglio che tu sappia
che a me basta anche mezz’ora,
una chiacchierata
un piccolo spazio di tempo;
vorrei che capissi
che non puoi ignorarmi
per così tanto tempo,
lo so che sei impegnata!
So che hai da fare e che è difficile!
Ma venti secondi,
per dirmi ciao…
Non ignorarmi.

Beatrice Folino.

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